In seconda media la professoressa ci diede un tema. Dovevamo parlare del nostro animale preferito. Io scelsi il pastore tedesco e il mio elaborato non superò la mezza pagina. Non feci un tema, fu più una scheda tecnica. Ricordo che descrissi le caratteristiche del cane specificando perfino quanto fosse alto “al garrese”.
La professoressa convocò mia mamma preoccupata per la mia aridità, per la mia scarsa fantasia e l’assoluta incapacità di riuscire a esprimere le emozioni. Non dovevo enunciare le caratteristiche di quel cane, ma cosa rappresentasse quel cane per me. “So che puoi farlo”, mi disse, “le emozioni sono dentro di te, devi solo lasciarle uscire”.
Sabato scorso, a Torino, la Arpeggio Libero Editore ha premiato i racconti e i romanzi vincitori del premio letterario intitolato a Giancarlo Molinari. Quando hanno fatto il mio nome, invitandomi a salire sul palco per ritirare il primo premio, ho pensato a quel pastore tedesco e alla mia professoressa.
Forse il merito di questo premio va proprio a lei, perché quel giorno mi fece capire che per conquistare il cuore di chi legge non basta saper raccontare, bisogna riuscire a emozionare.