Nei boschi del Maine un cacciatore sta mirando a un cervo. Il dito vibra sul grilletto, è pronto a sparare, ma ha un’esitazione. All’improvviso si accorge che la sua preda è un uomo, non un cervo. La vista gli ha giocato un brutto scherzo. Con le gambe tremanti di paura per quello che stava per fare si avvicina allo sconosciuto. Scopre che il tizio si è perso nei boschi e sta male. Lo accoglie nella sua baracca, ma ben presto succede qualcosa. L’uomo emette peti pestilenziali, si chiude in bagno e…
L’inizio di questo romanzo è una bomba. Poi si sfilaccia un po’, perdendosi nei meandri di un progetto troppo complesso.
Per certi versi mi ricorda “It” visto che descrive l’amicizia di quattro ragazzini diventati ormai uomini. Nelle dinamiche relazionali e di crescita e nei racconti di formazione, King è un maestro e il valore aggiunto di questa amicizia è Duddits, un ragazzo down molto speciale che regalerà loro un “potere”.
I ragazzi crescono e, pur nella lontananza di vite diverse, trovano ogni novembre qualche giorno tutto per loro, in cui rievocare i ricordi dell’infanzia, tra qualche birra e una battuta di caccia. Purtroppo la loro escursione nei boschi li metterà di fronte a qualcosa di imprevisto e imprevedibile facendo riemergere in loro ricordi spaventosi.
A questo punto il libro cambia e mi riporta sulle tracce di “Tommyknockers, le creature del buio” virando sulla fantascienza e appesantendo un po’ quello che poteva essere un magnifico libro e che rimane invece solo una bella storia di orrore soprannaturale.
Alla sua prima prova dopo il terribile incidente che lo ha quasi ucciso King pasticcia un po’ con le idee, piuttosto annebbiate dai farmaci, come lui stesso ha avuto modo di confessare a mente fredda. Nel libro uno dei suoi personaggi, Jonesy, ha un incidente analogo al suo. Forse King e Jonesy sono la stessa persona, la metafora di un uomo doppio, quello che era prima e quello che è diventato dopo essere stato investito da un furgone. Tra il prima e il dopo si inseriscono frammenti e ricordi.
Con l’abilità e la maestria che gli riconosciamo (ho divorato 800 pagine in due sole settimane), il nostro mischia Alien e i racconti sui Virus, descrivendo un’infezione che si diffonde tra gli esseri umani (dotandoli anche di poteri telepatici), molto simile al Simbionte di Venum.
Tra donnole assassine e spore aliene forse c’è troppa carne al fuoco, ma resta comunque una bella storia d’amicizia, dove il legame tra i cinque si snoda attraverso le stagioni, con flashback molto interessanti su Derry, la città dove era ambientato It, che qui ritorna con i suoi misteriosi tributi di sangue, in un complesso quadro sul quale aleggia un’aliena coscienza collettiva che si impadronisce dei nostri pensieri e dei nostri corpi, subendo però il fascino irresistibile delle emozioni, di quella capacità di ridere e piangere prerogativa dei soli esseri umani.