Puoi odiare la protagonista del romanzo dopo appena tre pagine? Certo che puoi, se l’autrice è così brava da farti percepire subito tutta la supponenza, la puzza sotto al naso, il classismo di Tess che non nasconde il senso di disgusto che prova verso i suoi “subordinati”. La plebaglia è un fastidioso corollario al suo mondo ovattato fatto di ricchezza, stile, glamour, futilità.
“I sogni sono superflui per una come me, sono nata con tutti i sogni già avverati” afferma Tess con stizza. Si, forse è vero, ma quello che lei ancora non sa e scoprirà molto presto è che i sogni possono anche infrangersi.
A ogni modo l’abilità dell’autrice è quella di riuscire a farci cambiare idea lungo la durata delle quasi 600 pagine di questo romance atipico che conduce la ricca Tess su una strada fino ad allora mai battuta, quella della consapevolezza. Nel risvegliare una parte di sé che ha “addormentato tanto tempo prima per sopravvivere”, Tess apre gli occhi e capisce che a volte la strada verso casa non è facile, non è una liscia distesa di cemento su cui scivolare senza intoppi, ma comincia nel fango, su un terreno aspro e accidentato, in mezzo alla pioggia. Perché se è vero che la ricchezza aiuta, è anche vero che non ti preserva dai dolori della vita. Le lacrime del cuore non le ripari con i soldi e quello che capita a Tess dopo una cinquantina di pagine non lo aggiusti con i tuoi dollari.
E così fugge a Forks, un buco di paese lontano dagli agi della sua Seattle, dove incontrerà una persona della quale non ricorda il volto, ma che da bambino aveva giocato con lei a nascondino, contando fino a 100, senza più trovarla perché lei era dovuta andar via.
A volte il puzzle incompleto della nostra vita il pezzo lo ha perso tanti anni prima e qualche volta, se siamo fortunati, il destino ci fa ritrovare quel pezzo. Sta poi a noi decidere se attaccarlo e completare la figura o abbandonarlo perché ci fa troppa paura riconoscerci in un quadro che pensiamo non ci appartenga più.
Tess si gira e rigira questo pezzo tra le dita prima di prendere la decisione, consapevole che qualsiasi sarà la sua scelta avrà delle conseguenze, non necessariamente piacevoli.
Le frasi d’amore (“come un cacciatore spietato viene a prendersi ciò che è rimasto del tuo cuore ancora nel tuo petto”; “nessun corpo finisce più dove comincia l’altro”) donano spessore al libro e inevitabilmente lo fanno confluire nel genere “romance”, ma non sono mai frasi fini a se stesse ed elevano il genere a un filone più ampio, non quello delle storie d’amore (e sesso) e basta, ma quello delle storie di vita, avventura, perdono, scontro sociale, tematiche lgbt e legami di famiglia. I personaggi hanno un’anima, non sono piatti, vibrano attraverso la penna dell’autrice e pagano conti salati pur di avere la “libertà di essere ciò che si è”.
Conosco il modo di scrivere di Annalisa e sapevo che non mi avrebbe deluso. Il suo stile è immediato, pulito, forbito ma di facile comprensione e porta con sé sempre una ventata di ironia, unita a un’innata capacità nel sapere comprendere i fatti della vita e nel riuscire a esporre le conseguenze che questi eventi generano all’interno dell’animo umano. Annalisa usa la seconda persona, del tutto atipica, ma, nel suo caso, ormai, segno inconfondibile di uno stile unico.
Tess ci insegna che a volte amare qualcuno che non è come noi può sembrare un errore, ma se è quello che sentiamo dal profondo della nostra anima, siamo disposti a farlo, perché sappiamo che per quanto sarà un errore “non sarà uno sbaglio”. Lei si perde negli occhi di Connor anche quando il corpo le reclama riposo, perché è così bello guardare dentro gli occhi di chi si ama che è un peccato “tenere gli occhi chiusi sul cuscino quando invece puoi riempirli con la sua bellezza” e alla fine il lettore lo averte tutto questo sentimento “nello stesso modo in cui si ascolta una canzone o si percepisce un colore”.
Tra madri perfide, fidanzati gelosi, fratelli sgrammaticati e nonne fuori di testa, il libro risulta un’avvincente saga familiare che ci tiene incollati dalla prima all’ultima pagina.
P.S.: Piccola considerazione fuori recensione, che mi permetto di fare solo perché la CE che ha pubblicato “La strada di casa” è la stessa che ha pubblicato uno dei miei libri.
L’editore che ha la fortuna di avere una fuoriclasse tra i suoi autori dovrebbe puntare forte su di lei con editing e pubblicità. Concentrarsi sul talento e non disperdersi appresso a cose meno importanti.
Questo per dire che se decidete di leggere questo libro (e se non si fosse ancora capito io ve lo consiglio), non fate caso a qualche refuso di troppo sfuggito al correttore di bozze e gustatevi la storia e l’abilità narrativa di Annalisa Baeli.