Un ragazzino con la maglietta giallorossa di Totti lega l’uno all’altro i dromedari che ci dovranno portare nelle tende dei nomadi berberi. La curiosità, tipicamente turistica, di salire su queste buffe creature, si fonde con la poesia che ciascuno di noi sente crescere nel proprio cuore di fronte a tanta meraviglia. Un po’ impacciati ci sistemiamo sul dorso dei dromedari, sopra un’artigianale sella fatta di tappeti posti uno sull’altro e iniziamo una lenta, e direi anche piuttosto scomoda, traversata del deserto. Una cavalletta si posa sul mio turbante, eleggendolo a placida dimora, finché, stufo dell’indesiderato ospite, non la scaccio con un colpo di mano. Ben presto iniziano i dolori al fondo schiena e alle gambe; trovare la posizione giusta è un’impresa, per fortuna le nostre due guide consentono una veloce pausa giù dai dromedari per ammirare il tramonto del sole. I rullini girano all’impazzata. Catturiamo, luci, colori, ombre; cerchiamo di immortalare per sempre quei momenti così intensi. Quando rimontiamo in sella, mi isolo per un attimo dal resto delle persone e mi chiedo se sono veramente qui, in mezzo a queste dune spettacolari, in un posto che fino a ora avevo visto solo in fotografia e che invece esiste davvero ed è tutto intorno a me.
La stanchezza si fa sentire, è ormai buio e non vediamo l’ora di arrivare a destinazione. Finalmente le poche luci di un campo. Altri stranieri sono già seduti sui tappeti in attesa che venga servita la cena. Ovviamente non ci sono bagni, non ci sono letti, è tutto ridotto all’essenziale. Per i bisogni fisiologici ci si arrangia all’aria aperta, nascosti dal buio e a contatto con la natura. Sarà un’impresa lavarsi i denti, ma questo viaggio è nato portando dentro di sé un forte spirito di avventura e allora ben venga un po’ di capacità di adattamento. Ci sediamo a tavola, ma io crollo dal sonno e decido di stendermi per un attimo perché anche restare seduto mi costa fatica. Natalia, seduta accanto a me, segue il mio esempio ed è allora che ci accorgiamo dello stupefacente spettacolo che sormonta le nostre teste. Una volta stellata che non avresti mai immaginato neanche nei tuoi sogni più belli. L’assenza di luci e di inquinamento permette una visuale completa e limpida del cielo. Sono riconoscibili tutte le costellazioni e la via lattea è più brillante che mai. Tanto è il fascino di questa celestiale visione che chiediamo di spegnere per dieci minuti l’unica luce che rischiara il campo.
I berberi ci accontentano e ognuno di noi si immerge nel silenzio dei suoi pensieri, a lasciarsi ferire gli occhi da troppa inimmaginabile bellezza. Sono forse gli attimi più intensi di una vacanza stupenda e la più degna fine di tale rappresentazione naturale sarà il passaggio della più lunga stella cadente che abbia mai visto in vita mia. Nasce dritta davanti a me per solcare il cielo per secondi interminabili e andare a spegnersi dietro le mie spalle, costringendomi a rigirarmi per poterne seguire la scia morente fino all’ultimo bagliore. Tutti esplodono in grida di meraviglia; la volta celeste ci ha regalato uno spettacolo unico.