È stato il mio primo libro di King. Avrò avuto 18 anni, o giù di lì e questo testo rimarrà per sempre nel mio cuore, anche se queste 300 e passa pagine il cuore te lo ghiacciano.
E già, perché questo è un libro duro, crudele, spaventoso, che esplora la morte, svelandone ogni più cupa traccia e mostrando al lettore cosa può fare un uomo spinto dal dolore, a quali impensabili livelli di follia può arrivare.
La storia credo sia nota ai più, anche per via delle numerose trasposizioni cinematografiche che ne sono state fatte. La famiglia Creed si trasferisce in una nuova meravigliosa casa con giardino, sul limitare di un bosco dove i bambini del posto hanno costruito un piccolo cimitero dove poter seppellire i loro animali domestici, tropo spesso vittime di incidenti stradali.
Church, il micio dei Creed, finirà proprio sotto le ruote di uno di quei grossi camion che corrono veloci sull’interstatale che passa di lì.
Per evitare alla figlia un dolore, il buon dottore, su suggerimento del suo vicino di casa, seppellisce il povero gatto nel terreno indiano dei Michmac che si stende, sinistro, poco oltre il cimitero degli animali e dove, si dice, gli animali morti non muoiano veramente.
E infatti la mattina dopo Church ritorna, ma non è più lui, puzza terribilmente, porta a casa ratti catturati con abilità, spesso soffia, come se la sua anima fosse corrotta.
Gli eventi che accadranno dopo trascineranno il lettore in una spirale di disagio e disperazione, mettendolo di fronte a pagine spietate, che hanno il sapore della carne cruda e l’odore della decomposizione.
Tante volte mi son sentito dire “non leggo King perché non amo l’horror” e altrettante ho risposto “guarda che King non scrive solo horror, anzi…” e mi sono prodigato per consigliare titoli dove la paura e il soprannaturale erano solo una spruzzata di colore su un quadro magnifico che di orrorifico aveva ben poco. Ecco qui, al contrario, mi sento di dire “stai alla larga da questo romanzo se temi che le pagine possano arrecare turbamento al tuo cuore”.
Un lavoro magnifico, che lo stesso King non voleva pubblicare per timore che fosse “troppo” anche per i suoi fan e che invece ci regala pagine di una devastante carica emotiva che più di una volta ci sorprenderanno con gli occhi umidi.