Eravamo 4 amici al bar, che volevano cambiare il mondo.
A che età si diventa grandi? E soprattutto è obbligatorio farlo? Dobbiamo per forza conformarci allo stereotipo della “normalità” che la società ci chiede? La felicità è libertà o condivisione? È essere single e scopare con chi ci pare o fidanzarsi, sposarsi, fare figli all’interno di quella “famiglia” ritenuta simbolo di normalità, il giusto e obbligatorio compimento di un percorso al quale non possiamo sottrarci?
Questo si chiedono i nostri quattro eroi alla vigilia di un viaggio senza meta, una vacanza da Madrid a qualche posto, ancora senza nome, ma la cui destinazione finale è già scritta e sarà il matrimonio della ex di uno di loro.
In questo libro c’è tutto. L’amicizia, la paura di crescere, la goliardia, il sesso, le parole sconce, la filosofia, la paternità, i rimpianti, il dolore, la frustrazione, i sensi di colpa, l’amore, la violenza.
Tra incontri grotteschi, risse in sagre di paese, bordelli con prostitute improbabili, i nostri quattro amici, in fuga da qualcosa e alla ricerca di qualcos’altro, vivranno avventure al limite del surreale e dovranno accettare una dura realtà, quella di chi non ha più alibi.
“Per me è arrivata l’ora di essere qualcuno e non sono nessuno” dice uno dei ragazzi in un flusso di malinconia e depressione magnificamente raccontato dall’autore durante il famoso matrimonio di cui parlavamo all’inizio.
Un libro che a me personalmente ha fatto ridere tantissimo e al tempo stesso ha cacciato fuori dagli occhi qualche lacrima.
I personaggi sono fantastici, caratterizzati in maniera esemplare. Anche il modo in cui i ragazzi descrivono i loro genitori, o le loro ex è perfetto, ma attenzione, se siete per il politically correct, girate al largo, qui il linguaggio è schietto e colpisce senza risparmiare nessuno. Le persone sovrappeso sono “ciccioni”, le escort “puttane” e la gente di paese solo “quattro burini campagnoli”. Il disprezzo classista aleggia, ma non perché Trueba sia un despota con la puzza sotto il naso, solo perché i protagonisti sono quattro ragazzi immaturi alla soglia dei 30 anni che vorrebbero spaccare il mondo dal quale non fanno che ricevere schiaffi.
La penna di Trueba vaga sciolta dai legami, tratteggia situazioni assurde, ma possibilissime e ci fa viaggiare con loro, quasi fossimo un quinto silenzioso amico all’interno di quello scassato furgone che puzza di formaggio, lanciato verso l’ignoto, che procede a sghimbescio lungo le polverose strade di una Spagna nascosta, come un ubriaco con le ruote, indeciso se il senso della vita sia restare al centro della carreggiata, lungo la linea dritta disegnata sull’asfalto, oppure uscire fuori, seguendo le sterrate del proprio cuore.