Appare all’improvviso, una diagonale che attraversa il cielo. Il lato di una delle tre piramidi di Giza, perfetta linea geometrica catturata attraverso il finestrino opaco del nostro bus. Sparisce quasi subito, sottratta alla vista da una strada tutta curve che si fa spazio attraverso una fiumana immensa di gente, veicoli, carretti, animali.
Il sito archeologico forse più famoso al mondo si raggiunge così, consumando pazientemente nel traffico tutte le ore necessarie ad attraversare la caoticità dei quartieri del Cairo, città immensa, mostro tentacolare estesosi ormai fino alla base delle piramidi. La famelica estensione del cemento ha eroso pian piano i bordi del deserto, diffondendosi come un cancro e divorandone il cuore sabbioso, seccandolo anni dopo anni, lasciandone solo una polverosa traccia, fastidiosa agli occhi e alla gola.
Giunto alla base di quelli che un tempo erano edifici di un immenso complesso funerario dedicato alla sepoltura dei faraoni, ti accorgi che in realtà la perfezione dell’insieme (le tre piramidi si incastrano geometricamente a richiamare la costellazione di Orione) lascia spazio all’imperfezione degli spigoli, alla mancata smussatezza degli angoli. I gradoni sono bozzuti, consunti dal tempo e dalla sabbia, ma ancora così incredibilmente appoggiati uno sull’altro, immoti, immortali, indistruttibili. Per quanto non altissime ti senti piccolo al cospetto di questi monoliti costruiti ere fa. Guardi la sommità e il disco solare che si infrange sulla punta della piramide, spezzandosi in mille prismi incandescenti, rimanda un senso di abbacinante mistero che ti annienta, facendoti arrovellare attorno a domande senza risposta. Sono pietre che trasudano fascino e mistero.

Come sono state costruite? Con quali mezzi e al prezzo di quanti sacrifici umani? Quale sapienza, quale conoscenza ha fornito l’arte e l’abilità di erigere tali colossi con la precisione che gli strumenti dell’epoca non potevano fornire? Resterà un mistero, un buco nero del nostro passato.
Forse un ponte con mondi lontani milioni di anni luce. Il fascino dell’ignoto si espande quando guardi tutte e tre le piramidi da lontano, quando diventano la cornice di un quadro ben più ampio, che ha per protagonista un’altra affascinante e incredibile costruzione, la sfinge di Giza, statua dal corpo felino e dal volto umano, un volto androgino, impenetrabile, magnetico, irresistibile.
Probabilmente il volto di un faraone. La Sfinge è stata costruita per proteggere le piramidi, sorge a pochi chilometri da loro, con le sue zampe distese in avanti, che ti aspetti possa alzarsi da un momento all’altro, il volto fiero, custode di segreti per noi inaccessibili e per nulla intimorita o svilita dal milione di foto scattate ogni giorno da turisti che, in un gioco che si fa beffe della prospettiva, immortalano il proprio volto come fosse posto a pochi centimetri dal suo, baciandone ereticamente le labbra o poggiandone la mano sotto il mento, quasi a invitarla teneramente a svelarci le sue storie…