“L’eterno viaggiare” è una raccolta di diari di viaggio. Dall’esplosione di profumi e colori di un mercato marocchino, alla potenza della vita animale alle falde del Kilimanjaro; dalle lussureggianti giungle thailandesi e guatemalteche, alle piramidi Maya e ai canyon americani; da Petra e Giza, alle spiagge polinesiane; dai vulcani islandesi, ai castelli scozzesi; il tutto condito con la magia dell’aurora boreale. L’intensità delle descrizioni paesaggistiche trasforma il libro in un quadro luminoso pieno di colori, dove insieme ai suoni della giungla o delle cascate, si percepiscono anche gli odori dei mercati, delle chiese, dei villaggi e i sapori delle feste popolari, di cibi piccanti ed esotici, di bevande liquorose. Ogni viaggio porta con sé imprevisti, cambi di programma, situazioni pericolose, sorprese. L’emozionante contatto con popolazioni lontane dalla nostra cultura, con i bimbi poveri e le anziane dal volto enigmatico, toccano l’autore nel più profondo del suo cuore lasciandone una traccia indelebile nell’anima e sulle pagine di questo libro.

ESTRATTO
Rosa, tenue, poi rosso, sempre più acceso, colori che diventano di fuoco, come lava incandescente, il sole si avvicina all’orizzonte, bacia la terra e ne screpola le labbra. Poi il vermiglio si fa metallico, si trasforma in azzurro e blu. Luna e sole si sono divisi il cielo senza litigare e hanno scelto, ognuno a modo loro, come dipingere questo angolo di mondo e che emozioni regalare agli occhi di chi ha la fortuna di essere qui. Un senso di libertà, ma anche di lontananza mi avvolge, solitudine e voglia di condividere il momento, malinconia e gioia, rilassatezza e felicità.
La notte breve mi culla, tra le sue fresche braccia. La sveglia alle cinque, mi scuote, troppo in anticipo, per un sole che sorge solo alle sei. Con l’alba non ci si indovina mai. Il chiarore mi attrae fuori come canto di sirena, ma se anche sembra ormai giorno, il sole pare essersi dimenticato del suo ruolo e non fa capolino.
Immortalo i primi colori, il cambiamento delle sfumature, fotografo la mia ombra lunga che si staglia sulla sabbia e aspetto.
In genere al tramonto si fa una corsa, pochi secondi per catturare quel colore così irripetibile e poi la palla infuocata annega nel mare o sparisce dietro le rocce. Per l’alba invece è il contrario, è un’attesa lenta, come se anche il sole avesse sonno e facesse tutto a rallentatore, ridestandosi con fatica.
Poi un unico raggio ti ferisce gli occhi, rimbalza sulla sabbia e annuncia al mondo che è giorno e la cupola di luce esce fuori, sale, riscalda, colora, vivifica, sposta la data del calendario avanti di uno e riprende la sua salita verso l’alto a ricordarci che il tempo non è immobile.
